Intervista agli State Of Neptune per ‘Killersplinter’

ott 28, 2025 0 comments

Con “Killersplinter”, gli State Of Neptune danno voce a una generazione cresciuta tra crisi, paure e ingiustizie mascherate da legalità. Un brano ruvido e viscerale, dove noise e post-hardcore si fondono in un grido di denuncia contro un sistema che implode su sé stesso. Per la band, la musica resta un atto politico e collettivo: un modo per reagire, unirsi e non rassegnarsi alla caduta.

“Killersplinter” sembra una reazione a un mondo che implode su sé stesso. C’è stato un evento o un periodo preciso che ha acceso questa rabbia?
Siamo tutti e tre di fine anni '90. La nostra generazione è figlia della Crisi del 2008, ma col passare del tempo la sensazione è che ci sia sempre una Crisi di qualche tipo in atto. i
Ieri c'è stata la Pandemia Globale, domani potrebbe esserci una nuova enorme crisi economica e sociale legata alle IA. Il "periodo" quindi è diffuso e di "eventi" ce ne sono stati fin troppi, e la canzone parla proprio di questo: la sensazione che tutti noi viviamo sotto questa costante minaccia, il capitalismo non è il futuro, e le nuove generazioni lo sanno.

Parlate di “ingiustizie mascherate da legalità”: quanto vi sentite impotenti — o al contrario, protagonisti — nel denunciare tutto questo attraverso la musica?
Sposiamo l'idea che l'arte sia intrinsecamente politica e che possa rappresentare uno dei mezzi più potenti per diffondere messaggi e visioni personali del mondo. Quello che speriamo, nel nostro piccolo, è di creare intorno a noi un ambiente inclusivo, passionale e sensibile, in cui le storture e le ingiustizie possano essere riconosciute e messe in discussione, a tutti i livelli. Impariamo dai migliori che ci hanno preceduto nelle loro mille sfaccettature, più Punk meno Trump.

Il brano restituisce una tensione costante, quasi fisica. È più difficile oggi incanalare la rabbia o mantenerla viva senza che diventi rassegnazione?
Purtroppo questo rischio c'è, e tutti noi l'abbiamo provato. Se da una parte i social ci hanno uniti e tenuto informati come mai prima su eventi e tematiche rilevanti, nel quotidiano il sovrastimolo da informazioni e sensazioni è assolutamente possibile. Questo può portare a rassegnazione, nel momento in cui tutto ci sembra "troppo", e ci convinciamo che non possiamo realmente fare nulla come comuni mortali per cercare di cambiare le cose. La tensione che si respira nel brano vuole veicolare la frustrazione che nasce da questo stato d'animo. Dobbiamo ricordare di esserci gli uni per gli altri, anche se questo sistema fa di tutto per separarci.

Quanto pensate che la musica rock, oggi, abbia ancora la forza di smuovere le coscienze come in passato?
Forse più che mai, o quantomeno al pari di altri momenti nella sua storia. C'è stata tanta confusione al riguardo: il vero rock non è mai morto, ha semplicemente subito trasformazioni che lo hanno portato in contesti meno mainstream, ma gruppi come gli IDLES o i Gojira dimostrano che che si può fare musica popolare e piena di contenuti.

Se doveste condensare il messaggio politico di “Killersplinter” in una sola immagine, quale sarebbe? 
«Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: "Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.» - La Haine.

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