C’è una notte in cui capisci che non serve più trattenere. “Non ti penserò” di Dome Dè nasce da quel momento sospeso, quando l’amore si trasforma in silenzio e resta solo la voglia di ricominciare. Il protagonista attraversa il dolore con lucidità, accettando la fine come un atto di rispetto verso se stesso e verso l’altro. Niente urla, solo una malinconia quieta che si scioglie nel desiderio di voltare pagina. Una ballata intima che parla a chi ha imparato a lasciar andare senza smettere di sentire.
Da dove nasce la prima scintilla di “Non ti penserò”: dal testo o dalla melodia?
È nata dalla melodia. Una linea armonica malinconica ma delicata, che ha subito evocato un'immagine notturna, intima. Poi le parole sono arrivate quasi da sole, come se la musica avesse già raccontato la storia prima ancora di scriverla.
In che modo le tue esperienze di studio al Conservatorio hanno influenzato la scrittura di questo pezzo?
Lo studio al Conservatorio mi ha dato gli strumenti per dare ordine e profondità alle emozioni. L’armonia, la dinamica, l’uso consapevole della melodia: tutto è parte del mio linguaggio. Ma soprattutto, mi ha insegnato a rispettare il silenzio tra le note, che in un brano come questo è quasi più importante delle parole.
C’è stato un artista che ti ha ispirato nella scelta dei suoni o nell’arrangiamento del brano?
Sì, sicuramente Lucio Dalla per la capacità di mescolare poesia e modernità, ma anche artisti contemporanei come Francesco Motta o Diodato, che sanno dare un vestito attuale a sentimenti senza tempo. Ho cercato un arrangiamento sobrio ma emotivo, che accompagnasse il testo senza sovrastarlo.
Quanto tempo è passato tra l’idea iniziale e la versione definitiva che ora ascoltiamo?
Direi diversi mesi. È stato un processo lento, perché volevo che ogni parola, ogni nota, rispecchiasse esattamente ciò che sentivo. Ci sono state riscritture, cambi di arrangiamento, momenti in cui ho messo da parte il brano per poi riprenderlo con occhi nuovi.
Usi più la voce o il pianoforte come strumento di scrittura?
Dipende dal momento, ma in questo caso è stato il pianoforte. È il mio rifugio creativo. Le mani iniziano a cercare, e da lì parte tutto: armonie, immagini, suggestioni. Poi arriva la voce, come una conseguenza naturale.
