Con il loro terzo lavoro, “Stammi
Vicino” (Overdub Recordings), gli aabu compiono una scelta precisa:
trasformare l’album in un concept dedicato
al tema della vicinanza. Non una vicinanza generica, ma quella
concreta, fatta di carne, emozioni, fragilità e presenza. Ogni brano
rappresenta una diversa declinazione di questo bisogno umano fondamentale, e
insieme costruiscono un racconto unitario che, dall’inizio alla fine, si legge
come un percorso narrativo coerente.
La title track, “Stammi Vicino”, apre il disco come dichiarazione d’intenti. È un grido che
rompe il silenzio e pone subito l’accento sul nucleo dell’intero lavoro: la vicinanza come antidoto alla depressione,
come gesto salvifico che permette di affrontare il dolore. Musicalmente il
brano si presenta con stratificazioni
elettroniche che accompagnano la voce in modo quasi rituale, dando il
senso di un inno corale.
Con “In
una tempesta” il tema si sposta sul terreno delle relazioni tossiche. Qui la vicinanza
diventa conflitto: desiderata e respinta
allo stesso tempo, fonte di salvezza ma anche di naufragio. Le sonorità spezzate e instabili rendono
perfettamente l’immagine del mare agitato che accompagna il testo. È una delle
canzoni più cinematografiche del
disco, capace di far percepire fisicamente la tempesta emotiva.
Il terzo brano, “Fratello dove sei”, cambia registro e porta luce. Qui la vicinanza è amore fraterno, silenzioso e
fondamentale. La band riesce a trasformare un semplice “grazie” in una ballata universale, che parla a chiunque
abbia avuto accanto qualcuno capace di esserci senza chiedere nulla. Le sonorità minimaliste e sospese
accompagnano un testo intimo e delicato, tra i più emozionanti dell’album.
“La mia
casa” è forse il brano più autobiografico
del disco. La musica è raccontata come rifugio,
come casa interiore in cui sentirsi protetti. Ma non è un rifugio neutro: è
anche specchio delle fragilità, presenza
ingombrante e totalizzante. Gli aabu mettono a nudo il loro rapporto viscerale con l’arte, con
sonorità che oscillano tra luce e ombra.
Con “Disgelo”
il racconto si fa più freddo e lucido.
È la storia della fine di un amore,
il momento in cui il ghiaccio che teneva in piedi una relazione si scioglie,
mostrando le crepe profonde. La canzone fotografa perfettamente le dinamiche disfunzionali che precedono un
addio: lotte di potere, non detti,
compromessi che non bastano più.
“Silenzio”
è costruito attorno all’assenza di parole.
Qui la vicinanza diventa distanza, perché quando non si riesce a comunicare la solitudine si fa ancora più pesante. Le atmosfere rarefatte e i vuoti sonori
creano una tensione costante, trasformando il brano in una sorta di preghiera notturna.
La fase più buia arriva con “Essere niente”, in cui gli aabu
raccontano la depressione senza filtri,
come mancanza di sensazioni e di senso. È una canzone che parla del vuoto, ma che al tempo stesso indica la cura: stare vicino alle persone che
amiamo.
“Cristallo”
affronta il paradosso della vicinanza:
da un lato il bisogno di protezione, dall’altro il desiderio di contatto umano.
Rimanere chiusi in se stessi è una difesa, ma significa anche privarsi della
possibilità di essere davvero vicini agli altri. Le sonorità leggere e fragili sottolineano perfettamente
questa ambivalenza.
Infine, “Ho
paura di me” chiude il disco con una forza disturbante. È un flusso di coscienza che mette a nudo le paure più
profonde, la crisi esistenziale e
identitaria. È il manifesto
lirico e musicale del nuovo corso degli aabu: cupo, coraggioso e catartico.
In questo senso, “Stammi Vicino” non è solo una raccolta di canzoni, ma
un concept coerente: un mosaico che affronta la vicinanza in tutte le sue forme, dal
dolore alla gratitudine, dall’amore fraterno alla fragilità, fino alla crisi
interiore. Un percorso emotivo
che, come nei migliori concept album, invita l’ascoltatore a un viaggio che si completa solo arrivando all’ultima
nota.
