Matoh irrompe sulla scena musicale con il suo ultimo singolo "Ho capito", un inno diretto e tagliente contro l'omologazione sociale e i giudizi imposti. Attraverso un testo crudo e lucido, l'artista esprime una profonda frustrazione verso il peso di dover conformarsi alle aspettative degli altri. Il brano mescola ironia e rabbia, offrendo voce a chi si è sentito fuori posto nella società moderna.
Nell'intervista esclusiva per Reframe, Matoh rivela che "Ho capito" è nato da un'esigenza personale di rispondere agli standard imposti, trasformando questa necessità in musica attraverso molteplici prove e sperimentazioni. La canzone, scritta in un momento di rabbia e consapevolezza, rappresenta una forma di terapia per l'artista, un modo per esprimere liberamente le proprie emozioni senza compromessi.
Come nasce un brano come “Ho capito”? Parti da un testo, da un’idea, da una melodia?
“Ho capito nasce da un’esigenza: quella di rispondere, di non farsi calpestare dai giudizi. Poi il tutto viene tradotto in musica, passando da mille prove per il suono del ritornello o la metrica della strofa.”
Quali emozioni ti hanno guidato durante la scrittura?
“Sicuramente la rabbia. Il peso di non riuscire a soddisfare le aspettative del mondo attorno a me mi ha sempre accompagnato durante la mia vita. Forse per rispondere a tutto questo dovevo solo trovare le parole giuste, spinte dalle giuste emozioni.”
Usi la scrittura come sfogo o come riflessione?
“Per me scrivere non è uno sfogo, ma una terapia. È uno spazio esterno, un luogo sicuro, in cui so perdermi senza perdere me stesso. È un mondo a parte, che però collide in continuazione con quello in cui vivo, quasi fino a confondersi con esso, e quando mi ci perdo è sempre bello riuscire a ritrovarsi.”
C’è stato un momento preciso in cui hai detto: “questa canzone va fatta”?
“Questa canzone è stata scritta “al volo” durante una delle mie tante notti insonni, quindi il tempo trascorso tra la consapevolezza del bisogno di scriverla e la sua effettiva stesura è stato di circa 10 minuti; in quei 10 minuti, tuttavia, forse inconsciamente, sono riposti anni e anni di accumuli che mi hanno permesso di liberarmi in maniera totalmente naturale del fardello che portavo, e questo, secondo me, non toglie valore a ciò che si scrive, ma anzi ne rafforza il significato.”