Nel rap la scrittura è tutto. Beat, estetica,
immaginario: sono fondamentali, certo. Ma sono le parole a decretare se un
progetto regge davvero. In “NAUSEA”, i Raiva dimostrano una cosa chiara:
sanno scrivere. E lo fanno con un approccio raro nella scena urban
contemporanea, mescolando rabbia, lucidità, ironia e vulnerabilità senza mai
perdere coerenza.
“Abaco” è un esempio perfetto di scrittura
collettiva che funziona. I tre featuring portano tre poetiche differenti ma
complementari: una più aggressiva, una più narrativa, una più astratta. La
scelta dei termini, la costruzione delle immagini, l’uso dei parallelismi crea
una tessitura testuale ricca. Non è un brano “a punchline”, ma a concetto: la
ripetizione è il vero protagonista.
“Chiuse le mani” mostra la capacità dei Raiva di
lavorare sulle sfumature emotive senza diventare melodrammatici. La scrittura
alterna frasi brevi, secche, a immagini più articolate che restituiscono la
complessità della lotta interiore. Non c’è ricerca dell’effetto, ma
dell’impatto.
“Problemi” mette in campo un’altra tecnica
fondamentale: l’ironia come strumento retorico. Il brano gioca con il
linguaggio, smonta i cliché, porta la conversazione rap in un territorio più
ampio, più intelligente. È un testo che funziona perché dice molto mentre
sembra dire pochissimo.
“Me Musa” è la traccia dove la scrittura si fa
più intima. Qui emergono pause, esitazioni, confessioni quasi sussurrate. La
metrica diventa veicolo di emozione, e la vulnerabilità si trasforma in arma
narrativa.
“Guerra senza fine” chiude l’EP con un testo che
intreccia denuncia sociale e introspezione. Le immagini della violenza non sono
mai gratuite: mostrano le contraddizioni di una società che usa la verità come
arma.
“NAUSEA” è un EP che
dimostra come la scrittura rap possa essere cruda, intelligente e poetica allo
stesso tempo.
