Il rock è vivo, crudo e affilato nel primo EP dei The Rads, “Only the Beginning”, un esordio che rifiuta compromessi e si nutre di istinto. Nati in Toscana e cresciuti tra punk, garage e voglia di spaccare, i The Rads firmano un lavoro diretto e autentico, in cui ogni brano è un colpo assestato con precisione, senza orpelli né sovrastrutture.
Il titolo è già una dichiarazione: questo è solo l’inizio. Ma dentro ci sono già tutte le coordinate di un’identità forte, costruita sul contrasto tra rabbia e lucidità, tra energia viscerale e cura della forma. “Only the Beginning” è un piccolo manifesto sonoro: urla, sì, ma sa anche ascoltare. Colpisce, ma non a caso. È un debutto che scava, sporca e resta addosso.
Nel raccontare l’EP, i The Rads svelano il percorso dietro ogni scelta, dalla costruzione delle atmosfere alla selezione delle tracce, fino alla tensione emotiva di “Empty Eyes”, uno dei momenti più intensi del disco. E intanto guardano avanti, già proiettati verso un’evoluzione sonora più feroce e ancora più vera.
Il suono di Only the Beginning è diretto, crudo, urgente. Che tipo di ricerca sonora c’è stata dietro il disco?
Volevamo che suonasse come un colpo allo stomaco, ma sincero. Niente fronzoli, niente sovrapproduzione: solo noi, gli strumenti e la voglia di dire le cose come stanno. La ricerca è stata proprio questa: lasciare spazio all’istinto senza perdere il controllo. Ogni suono è stato scelto per restare addosso, come una cicatrice sonora.
Si sentono influenze punk e garage, ma anche una certa maturità nella struttura dei brani. Come avete trovato il vostro equilibrio?
Siamo cresciuti con quel tipo di sonorità nelle orecchie e un taccuino pieno di domande. L’energia è quella, ma con il tempo impari a non sprecare una parola, un accordo, un silenzio. Il nostro equilibrio nasce lì: dal contrasto tra l’urgenza di urlare e la voglia di costruire qualcosa che duri. Facciamo rumore, sì — ma sappiamo perché lo facciamo.
“Empty Eyes” ha un impatto emotivo particolare. Come lavorate per far emergere l’atmosfera giusta in ogni canzone?
Ogni pezzo ha la sua anima, e cerchiamo di non forzarla. Empty Eyes aveva bisogno di spazio per respirare. L’abbiamo spogliata fino a quando non è rimasto solo l’essenziale: una tensione che non si spezza. Lavoriamo per servire la canzone, non il contrario. Se deve graffiare, graffia. Se deve tremare, tremiamo con lei.
Cosa vi ha guidati nella scelta della tracklist e dell’ordine dei brani?
Abbiamo pensato all’EP come a un set dal vivo: deve avere una dinamica, un inizio che ti prende, un momento in cui rallenti e ti guardi dentro, e poi di nuovo l’esplosione. Volevamo che l’ordine raccontasse qualcosa, che portasse l’ascoltatore dentro il nostro mondo senza filtri. Ogni traccia è un passo, e tutte insieme fanno un percorso.
Avete in mente un’evoluzione sonora futura o questo EP segna già un punto fermo per la vostra identità?
Only the Beginning è esattamente quello che dice: l’inizio. È chi siamo oggi, ma non ci interessa restare immobili. La nostra identità non è un punto fermo, è una direzione. Siamo affamati, curiosi, in continua mutazione. Se questo EP è un pugno, quello che verrà dopo sarà qualcosa di ancora più viscerale. Ma sempre, sempre estremamente vero.