“Pop Punk!” di Marco Conte feat. HELENA
è un brano che dà voce a chi è nostalgico dei “good old days” della giovinezza
oppure a chi è giovane, insofferente e, come è tipico del punk, ha voglia di
ribellarsi e “spaccare tutto”, metaforicamente parlando. La canzone esprime la
rabbia e l’amore di chi ha un sogno (musicale, personale, relazionale) e vuole
far sentire al mondo che c’è. È pertanto la perfetta colonna sonora per
caricarsi durante la giornata, prima del lavoro, dello studio o di un viaggio,
sia esso di necessità o di piacere. Lo stile è punk, anche se con coloriture di
sound attuale e radiofonico. C’è un po’ di punk in ciascuno di noi, e brani del
genere ci fanno “risvegliare” dal nostro torpore, invitandoci a rimanere sempre
giovani, a non scendere a compromessi e a sognare sempre, magari in compagnia.
L’artista pop punk milanese ed HELENA,
una giovane Avril Lavigne partenopea, propongono un primo featuring in stile
“Sanguegiovane”, con accattivanti chitarre elettriche e batterie alla Travis
Barker che danno vita a un brano fresco e orecchiabile, con venature urban e un
ritornello molto cantabile, che nel panorama nostrano ricorda Naska e La Sad,
mentre riecheggia in un certo modo MGK e YungBlud all’estero.
Com’è nata la tua attitudine verso la musica?
Fin da piccolo la musica è stato il mio linguaggio: cantavo,
ballavo, facevo parte di cori e piccole band… era un divertimento, un modo per
socializzare e per esprimermi e crescere. Sono sempre stato a mio agio con la
musica perché mi metteva in contatto col mio mondo interiore, col mio piccolo
“talento” creativo e dava lettere, forme e concretezza a ciò che vivevo e
percepivo dentro di me.
A quale artista ti sei ispirato nel corso degli
anni?
Le band punk che indirettamente cito nella mia ultima
release, in quanto, anche solo con un album (come fecero in maniera iconica i
Sex Pistols) lasciarono un segno, marcarono la musica per decenni e soprattutto
non ebbero paura di provocare ed inquisire la società, mettendo sotto processo
mode, maschere e convenzioni.
In che modo nasce una tua canzone?
Spesso al piano, ancora più spesso alla chitarra. È un
flusso di pensieri che diventano parole, o meglio di sentimenti che vedo nella
mia mente come in uno schermo. Diciamo che il musicista ha dentro una sorta di
pentagramma, di spartito su cui vanno a scriverai le sue emozioni. Siamo più
abituati a queste che alle parole. Spotify, per citare una piattaforma di
streaming, diventa la nostra stele di Rosetta, il modo in cui i nostri
“geroglifici” del cuore diventano pubblicamente ascoltabili.
Ci parli di come è nato il tuo nuovo singolo?
Tengo molto a questo brano, “Pop Punk”. Ci ha lavorato un
team d’eccezione (il producer Gabriele Marmondi, Marco Fabricci, Helena) ed è
metaforicamente una canzone che parla delle canzoni. Le canzoni devono provare
ad essere concrete, far sognare e realizzare sogni, dare messaggi, semplici o
scomodi che siano.
Cosa deve aspettarsi chi ascolterà il tuo nuovo
singolo?
Spero anzitutto qualche minuto di spensieratezza e
divertimento e poi… lo invitiamo a farci sapere le sue reazioni!
Hai già in programma concerti?
La scorsa stagione ho fatto davvero tantissimi live
“trascurando” per modo di dire la fase creativa, la “clausura” in studio,
dedito alla produzione e all’ arrangiamento. Ora ho voglia di fare musica
anzitutto per me, senza “l’ansia” di condividerla sul palcoscenico. Ma chi
vivrà vedrà!