“SEXY DROGA” sembra uscito dalla penna di un
autore contemporaneo più che da una sala prove. È un’opera narrativa prima
ancora che musicale, un viaggio composto da quattro capitoli che seguono la
parabola di un protagonista smarrito ma straordinariamente umano.
Il lato A è ambientato
interamente in una stanza mentale claustrofobica. Qui il tempo scorre come un
liquido denso, e la coscienza del protagonista si tende e si ritrae. Non c’è
azione, solo pensiero. Il corpo è immobile, la mente no. È il capitolo
dell’intimità estrema, delle domande senza risposte, del silenzio che pesa come
un macigno.
Il lato B spalanca la
porta sulla città. È la parte più cinematografica del disco: luci
intermittenti, voci ovattate, incontri brevi e intensi. La notte è uno spazio
narrativo dove tutto può accadere, ma nulla succede davvero. È il capitolo dei
tentativi, dell’ironia come difesa, della sensualità vissuta come ricerca
disperata di un contatto che non ferisca.
Il lato C cambia ritmo
e tono: diventa la spirale del protagonista. Qui l’eccesso è struttura
narrativa, non ornamento. Le scelte sbagliate si accumulano come pagine
strappate, la lucidità si sfibra, la voce si incrina. È un capitolo di caduta,
scritto con una precisione che fa male. Si percepiscono tutte le zone d’ombra
che la narrazione precedente lasciava intravedere.
Il lato D è un epilogo
dolce-amaro. Dopo la notte, arriva un’alba che non promette nulla, ma illumina
tutto. I ricordi si confondono, il tempo torna a scorrere, la vita riprende
forma nelle sue crepe. È il capitolo finale in cui il protagonista non è
guarito, ma cambiato: più fragile, più consapevole, più umano.
