Monkeys From Space: ironia cosmica e improvvisazione visionaria in “Dojo Song”

giu 18, 2025 0 comments

Tra jam notturne, synth distorti e visioni interplanetarie, i Monkeys From Space tornano con “Dojo Song”, un brano che è più un viaggio astrale che una semplice canzone. Nato da improvvisazioni condite da UFO e carbonara alle tre di notte, il pezzo esplora con ironia e leggerezza il confine tra realtà e allucinazione, tra spaesamento cosmico e autenticità emotiva.

Nel mondo surreale della band, dove antichi spiriti alieni convivono con frutti mistici e citazioni pop, la musica diventa strumento di esplorazione, rottura e trasformazione. Il videoclip – con una scimmia-guida che unisce i protagonisti attraverso la musica – è l’emblema perfetto di una visione in cui il nonsense si fa linguaggio e la follia diventa casa.

Abbiamo intervistato i Monkeys From Space per farci raccontare il loro universo psichedelico fatto di allucinazioni, banane e viaggi spaziali.

"Dojo Song" nasce da sessioni di improvvisazione notturna. Come descrivereste il processo creativo che ha portato alla nascita del brano?
“Dojo Song” è una sorta di delirio nato da improvvisazioni a notte fonda in seguito a brutti documentari sugli UFO e a troppa carbonara alle 3 di notte. Un flusso caotico tra synth, paranoia e pensieri fuori orbita, in cui alieni strafatti aprono porte astrali e gustano cibo italiano tra i vapori dei raggi gamma. È lo spazio, baby — e lo spazio è strano.

La canzone mescola elementi surreali e ironici. Come riuscite a bilanciare questi aspetti nella vostra musica, mantenendo l’impatto emotivo?
Cerchiamo sempre di non prendere tutto troppo sul serio, nemmeno noi stessi. L’ironia e il surrealismo ci aiutano a guardare le cose da un’altra prospettiva, a smontare la realtà e ricostruirla con immagini che sembrano assurde ma che spesso raccontano molto. Allo stesso tempo, non rinunciamo mai all’emozione: anche dietro una frase apparentemente stramba c’è quasi sempre un sentimento vero, qualcosa che abbiamo vissuto o che ci tocca. Il segreto è non forzare troppo nessuno dei due elementi: lasciamo che convivano in modo naturale, come succede nella vita, dove il grottesco e il profondo spesso si incontrano, e alle volte sono la stessa cosa.

Il brano esplora un immaginario alieno. C’è un legame tra il tema dell’alienazione e il vostro approccio musicale?
Sì, diciamo che ci sentiamo alieni anche quando facciamo la spesa al supermercato, quindi era inevitabile che il tema ci toccasse. L’alienazione è il nostro habitat naturale. A volte ci chiediamo se chi ascolta capisce quello che facciamo… ma poi ci diciamo: “Neanche noi lo capiamo sempre, quindi va bene così!”. In fondo, essere un po’ alieni è il modo migliore per restare sinceri, e forse anche per divertirsi mentre tutto intorno sembra troppo normale.

Nel video del singolo, la figura scimmiesca rappresenta un’interruzione nella quotidianità. Che significato ha per voi questa immagine così potente e simbolica?
La scimmia nel video è una sorta di guida che irrompe nella vita di quattro individui e li fa diventare una cosa sola attraverso la musica. A metà tra un burattinaio e un antico spirito alieno unisce le cose e questo basta per volergli bene. Da dove arrivi e dove voglia andare non si sa, quello che è certo che il suo passaggio comporta una rottura, una crepa nella superficie delle cose che lascia intravedere realtà più profonde, diverse e inaspettate, e decisamente più divertenti!

Come vi sentite rispetto alla descrizione che fate del vostro mondo: "un mondo fatto di allucinazioni, banane e viaggi spaziali”?
Ci sentiamo a casa, ovviamente! È proprio il nostro mondo: un po’ psichedelico, un po’ ridicolo, ma sempre sincero. “Allucinazioni, banane e viaggi spaziali” è il modo più onesto che abbiamo trovato per raccontare quello che succede dentro le nostre canzoni. Antichi spiriti alieni, frutti mistici, inciampi sugli stipiti delle porte della percezione, il fegato dolorante di Prometeo, un pesce preistorico che combattono contro i pescherecci, composti radioattivi mitologici. Insomma ci piace prendere il surreale e trattarlo come fosse la normalità. Alla fine, se il mondo reale è già assurdo di suo, tanto vale abitarlo con la nostra follia. E le banane… beh, quelle non possono mancare: fanno potassio e danno sempre un tocco di eleganza.

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