Intervista agli Urban Cairo: “Dysphoria” e l’arte di vivere senza filtri

ott 28, 2024 0 comments

Con l'uscita di Dysphoria, gli Urban Cairo invitano i fan a esplorare un territorio sonoro che nasce dall’inquietudine e dal senso di estraneità che attraversa il loro percorso artistico. Il titolo stesso, Dysphoria, non è casuale: racchiude un mix di emozioni altalenanti e discordanti, una sintesi musicale che la band interpreta come valvola di sfogo e come ricerca costante di autenticità, in un contesto, quello della provincia, spesso limitante per i musicisti indipendenti.

Nell'album, la copertina sfocata e astratta diventa lo specchio di una realtà osservata attraverso filtri, dove ogni traccia rappresenta un momento di autoesplorazione e riflessione collettiva. Gli Urban Cairo abbracciano così una visione musicale che sfida i cliché provinciali, trasformando le sfide in uno stimolo per guardare oltre, ma anche in una certezza di appartenenza. Nei live, la connessione con il pubblico si trasforma in un’esperienza condivisa, senza barriere tra band e spettatori, rendendo ogni performance un’occasione per vivere il presente e condividere la passione per la musica.

Come avete scelto il titolo “Dysphoria” per il disco e cosa rappresenta per voi questo stato d’animo nella vostra musica?
Credo che la nostra musica sia un mix dei nostri stati d'animo usuali, altalenanti e discordanti. "Dysphoria" rappresenta ciò che siamo quando suoniamo insieme. 

La copertina di “Dysphoria” ha un’atmosfera sfocata e astratta. Come avete scelto questo tipo di immagine e cosa volevate comunicare con questa scelta visiva?
Nonostante non sia ciò che si vuole, finiamo per osservare la realtà che ci circonda ma sempre attraverso un qualche filtro. Abbiamo lavorato su diverse foto che negli anni abbiamo fatto, e questa ha messo d'accordo tutti.

Avete definito “Dysphoria” come una valvola di sfogo dalla quotidianità della provincia. Quali sono le sfide principali che avete affrontato vivendo e creando musica in questo contesto?
Be' ovviamente la difficoltà maggiore è che non esistono più locali in cui suonare dalle nostre parti, nemmeno se sei una tribute band di Ligabue. E ho detto tutto.

C’è un brano nell'album che sentite rappresenti al meglio il vostro messaggio o la vostra visione musicale? Se sì, quale e perché?
Non credo ce ne sia uno in particolare. Parlano di esperienze intime e personali, spesso nemmeno tra noi ci diamo spiegazioni e ci limitiamo a seguire il flusso. Forse "Dinah' Sour" ci dato una sveglia ai tempi...

In un mondo dove la musica è sempre più digitale e diffusa online, come descrivereste la vostra connessione con il pubblico? Che tipo di esperienza sperate di offrire attraverso i vostri live?
Non speriamo niente e di come viene distribuita e ascoltata la musica attualmente non ce ne frega un cazzo. Quando suoniamo dal vivo cerchiamo di goderci ogni istante e conoscere le persone che abbiamo intorno. Non esiste differenza tra noi e il pubblico.

Avete detto che non volete calcare il cliché della vita in provincia. In che modo, secondo voi, la provincia è diventata una forza creativa piuttosto che un limite nel vostro percorso artistico?
La provincia può farti affogare e troppo spesso lo fa. Ma può anche essere "casa base", e questa certezza ti spinge ad essere curioso di scoprire cosa c'è al di fuori di essa. Mal che vada ci possiamo sempre rifugiare in sala prove.

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