Altrove: un luogo, un disco, un’anima dal suono apolide

apr 6, 2023 0 comments

Eccola Ashai Lombardo Arop, ovvero ALTROVE, moniker assai didascalico per quel suo modo di pensare alla forma, al messaggio… al sentire la musica come punto di incontro, di condivisione. Non è un caso che il disco si chiami “Tossica animica”, non è un caso trovare colori accesi, trovare l’arte di varie declinazioni, trovare gli altri in un incontro. Non è un caso che il pop sia di tante forme diverse, anche narrative, anche parlate. Insomma un disco interessante, un esordio davvero impegnato ed impegnativo… e non è un caso che le risposte alle nostre domande siano così interessanti.

Disco acustico ma anche disco elettronico: Altrove in fondo quale habitat vive con più comodità?
Sono cresciuta con nelle orecchie cantautrici folk americane come Tracy Chapman e Ani Di Franco, a 20 anni bazzicavo le acoustic night di Londra fino a che non ne ho gestita una io, the Bluebelly acoustic night, una open mic per cantautori, quindi sicuramente mi sono aggirata molto di più in quell'habitat, ma parallelamente a Londra ho iniziato ad ascoltare tutta quella produzione, all'epoca innovativa, che univa la musica d'autore con l'elettronica quali Portishead, Bjork, Nitn Sawney... adoro quelle sonorità, ma per poter fare un buon lavoro in tal senso serve strumentazione, capacità tecniche oltre che musicali e tanta ricerca, quindi il tempo ed i mezzi che non sempre sono a disposizione per un'emergente nel mondo di oggi.

“Inspiration love blues” si apre con un giro di basso che richiama molto un certo Pastorius… o sbaglio?
Mi sento molto onorata che un mio pezzo sia paragonato addirittura a Pastorius, anche se non oserei tanto... amo il basso, è uno strumento sublime, e come disse una volta un mio insegnante di armonia, frase che mi si è stampata nel cervello e nel cuore per tutti i significati pratici e metaforici che si porta dietro, “l'armonia comincia dal basso”, e Inspirational love blues nasce proprio da quel giro di basso e per un po' ho pensato di lasciarla così, basso e voce. Chitarra e batteria sono venuti dopo.

 
Che poi se vogliamo tutto questo è un disco di blues… l’anima in primis e non sempre è serena ma temo ci sia molta “dannazione” alla radice…
Mooolta dannazione e grazie per averlo notato! Ci tengo alla mia parte dannata, perché l'ho vissuta volente o nolente, me la sono smazzata come si dice e devo esserne legittimata. L'arte è l'unico vero strumento che mi ha permesso di non farle prendere il sopravvento, ma di trasformarla in carburante, in nutrimento e in possibilità, quindi sì anche la mia musica la trasuda e ne sono fiera. Sono contenta anche che venga chiamato un disco blues, non mi aspettavo tanto ma mi inorgoglisce, perché amo il blues, trovo sia anima in musica ma da me è uscito all'improvviso senza cercarlo, non ho scoperto il blues e poi ho deciso di farlo, ma ho iniziato a fare musica ed è arrivato il blues, anche se a volte nascosto fra strutture più pop e world.

E restando sul tema, altro tassello importante è “Ai margini”… il blues impera… quanto costa essere ultimi?
Costa tanto essere non visti e vedersi negati i diritti umani. Essere ultimi è solo una questione di direzioni...quando sei ultimo nella fila, basta girarsi a 360° e immediatamente sei al primo posto. Ai margini è brano a cui tengo molto, perché è venuto fuori in un momento di ispirazione, come un racconto che scrivi di getto e parla di tutto ciò che la società si perde nella ghettizzazione, nel rifiuto e non ascolto di chi decide debba essere un reietto.

Questo disco mi ha ispirato una domanda: esiste un limite o una differenza tra il vivere e il sopravvivere? Al di là delle sfacciate differenze di significato…
Sì al di là anche perché l'origine della parola sopravvivere non rispecchia molto l'utilizzo che ne facciamo... è vivere oltre e lo trovo molto più positivo del vivere di stenti ad esempio... questa differenza per me sta più nelle limitazioni che ordinariamente diamo alla nostra vita, figlie del giudizio, della repressione culturale, o religiosa, della paura di non essere accettati in un gruppo, che sia una società ampia come una nazione o l'ambiente famigliare o di lavoro. Quanto reprimiamo le nostre aspirazioni, i nostri talenti e capacità, quanto ignoriamo le possibilità che ci si presentano innanzi, per sopperire a ruoli psicologicamente e a volte violentemente imposti dal “fuori” di noi? Quello è sopravvivere! Ogni volta che ci neghiamo di impazzire di gioia, di amare alla follia chi ci pare, di esprimere la nostra creatività, di migrare, di cambiare nome, di allontanare ciò che ci danneggia, ogni volta che sappiamo cosa vogliamo ma facciamo finta di niente, lì è quel tipo di sopravvivenza, lì neghiamo la vita.

Notizie correlate

{{posts[0].title}}

{{posts[0].date}} {{posts[0].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[1].title}}

{{posts[1].date}} {{posts[1].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[2].title}}

{{posts[2].date}} {{posts[2].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[3].title}}

{{posts[3].date}} {{posts[3].commentsNum}} {{messages_comments}}

Modulo di contatto